Il 20 e 21 marzo 2025, Ascoli Piceno ospiterà il convegno “Immobili, Territorio, Giustizia e Futuro”, evento che celebra il decennale della Banca Dati Immobiliare della città (QUI la news). L’incontro rappresenta un’importante occasione di confronto per i professionisti del settore, con un focus su criticità e prospettive nell’ambito delle valutazioni immobiliari.
Tra i relatori, Giovanni Rubuano, membro del Consiglio direttivo di Geo.Val. Esperti, interverrà con la relazione “Le criticità delle quotazioni e degli asking prices nelle valutazioni immobiliari”. Per approfondire il tema, gli abbiamo chiesto di anticiparci alcuni punti del suo intervento.
Su cosa si concentrerà la sua relazione?
Nel contesto del decennale della Banca Dati Immobiliare, il mio intervento porrà l’attenzione sul dato immobiliare, inteso come l’insieme dei prezzi (o canoni) reali di mercato e delle caratteristiche tecnico-economiche degli immobili. I dati costituiscono il pilastro della valutazione immobiliare e trovano applicazione nelle stime professionali, nelle stime su larga scala, nella costruzione di statistiche dettagliate e nella definizione di indici e coefficienti estimativi.
Qual è il ruolo di quotazioni e asking price?
Le quotazioni e gli asking price sono extra-dati, ovvero valori numerici che, nel processo di stima, hanno un ruolo ausiliario e non possono essere utilizzati autonomamente, ma solo se correlati a dati metodologicamente validati. Questo principio non è solo una questione di dottrina estimativa – seppur non sempre condivisa da tutti – ma trova sempre più riscontro anche in ambito giuridico. La Suprema Corte, infatti, si è più volte espressa in tal senso, e lo stesso vale per l’Agenzia delle Entrate, che nei Quaderni dell’Osservatorio – dicembre 2020 ha evidenziato il rischio di un uso improprio delle quotazioni OMI nelle valutazioni immobiliari.
L’ultima edizione degli EVS ha introdotto l’uso degli asking price. Cosa ne pensa?
Gli EVS (European Valuation Standards), così come gli IVS (International Valuation Standards), rappresentano gli standard valutativi più diffusi a livello internazionale. Entrambi suggeriscono un uso estremamente limitato e motivato di quotazioni e asking price nelle valutazioni immobiliari. Stessa posizione è espressa dalle procedure italiane di settore, la norma UNI 11612:2015 e le Linee Guida ABI. Nel Codice delle Valutazioni Immobiliari, lo standard valutativo italiano, viene esplicitamente indicato che “l’utilizzo delle richieste di prezzo, anche in via residuale, nella redazione delle stime immobiliari non è ritenuto pertinente”. Pensare quindi di impiegare liberamente quotazioni e asking price, anche con tutti gli aggiustamenti del caso, è inappropriato.
Perché allora il loro impiego è così diffuso nella pratica professionale?
La mia impressione è che si tratti di una scorciatoia, non solo nel senso di un percorso più rapido, ma anche di un modo per arrivare più facilmente a un risultato desiderato. Oggi esistono strumenti che permettono di accedere rapidamente agli atti di compravendita, anche se non sempre tutti gli immobili compravenduti individuati risultano effettivamente essere “immobili comparabili”. Tuttavia, dove c’è un elevato numero di annunci in vendita (asking price), ci saranno probabilmente anche numerosi atti di compravendita. Perché allora non utilizzare direttamente questi ultimi per ottenere dati reali di mercato?
D’altro canto, se in un segmento di mercato mancano le compravendite, è probabile che vi sia anche una scarsità di annunci. In questo scenario, utilizzare direttamente nel processo estimativo quei pochi asking price disponibili può rivelarsi rischioso e metodologicamente discutibile. Siamo davvero sicuri che quei pochi annunci in vendita disponibili siano rappresentativi del mercato?
Conclusioni
Il tema delle valutazioni immobiliari è complesso e richiede un approccio rigoroso, basato su dati solidi e metodologie riconosciute. Il convegno di Ascoli Piceno sarà anche un’occasione per approfondire questi aspetti e fare chiarezza su criticità e best practice.
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